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Weltraum-Roboter SpaceHopper

SpaceHopper: robot spaziale con una potenza di salto unica

Ti sei mai chiesto come sarebbe vivere su un altro pianeta? O se lì si possano trovare risorse per la terra?

Non sei l’unico a porti queste domande. Al contrario, esse affascinano l’umanità da tempo immemorabile. Il segreto per trovare le risposte è l’innovazione tecnica. Creatività e inventiva, infatti, consentono di trovare soluzioni sempre nuove. Tuttavia, che si tratti di una missione spaziale o di apparecchiature di prova: i materiali utilizzati devono soddisfare requisiti estremamente severi. Grazie alla massima stabilità nonostante il peso contenuto e alla flessibilità in ogni situazione, la tecnica dei profilati è una valida alleata per queste applicazioni. Il blog item ha già raccontato di diversi progetti spaziali: dalla sonda gioviana JUICE ai due progetti degli studenti del Politecnico di Zurigo: un razzo ibrido per l’assenza di gravità e il robot CHIRON. Il Politecnico di Zurigo è l’università migliore dell’Europa continentale e promuove l’innovazione. Innovativo è anche il robot spaziale SpaceHopper, sviluppato appositamente per esplorare corpi celesti a ridottissima gravità. Per due delle apparecchiature di prova gli studenti universitari si sono affidati ai profilati di alluminio del sistema di componenti.

Un’idea, infinite possibilità

Flessibile, robusto e di alta qualità: da oltre 40 anni il sistema dei componenti item è la soluzione ottimale per tutti i compiti di progettazione nell’ingegneria meccanica e delle apparecchiature.
KIT DIMOSTRATIVO

Il progetto studentesco sviluppa un nuovo modo di locomozione sugli asteroidi

SpaceHopper è un progetto di approfondimento del Politecnico di Zurigo, ossia un progetto degli ultimi due semestri del corso di laurea. Gli studenti applicano le proprie conoscenze teoriche pratiche e maturano esperienze preziose per il mondo del lavoro. Spesso, in questo contesto nascono anche tesi di laurea. Il team SpaceHopper, composto da dieci persone, è assistito dal famoso Robotic Systems Lab. Mentre il fulcro del progetto, ossia la ridotta gravità, era predefinito, gli studenti hanno potuto scegliere liberamente l’obiettivo della missione e si sono buttati a capofitto nella sfida più complessa che potessero scegliere.

Il team ha aperto nuove strade e ha sviluppato SpaceHopper, un robot spaziale che si muove saltando.

“Sulla Luna, ad esempio, la gravità è un sesto di quella presente sulla Terra. Il nostro obiettivo, tuttavia, erano i corpi celesti con una forza di gravità ancora più bassa, ossia gli asteroidi, in particolare l’asteroide Cerere. Su di esso, la forza di gravità è pari al 3% di quella presente sulla Terra”, afferma Elena Krasnova. Già laureata presso il Politecnico di Zurigo, continua a seguire il progetto nel tempo libero insieme agli altri membri del team. Un ulteriore stimolo: a causa della loro gravità, gli asteroidi sono poco studiati. Cerere, in particolare, rappresenta una sfida ancora più complessa: Un dispositivo dotato di ruote? Con questa forza di gravità non andrebbe né avanti né indietro. Un velivolo? Impossibile, a causa dell’assenza di atmosfera. Il team ha quindi deciso di addentrarsi in un terreno ancora inesplorato sviluppando SpaceHopper, un robot spaziale che si sposta saltando. Grazie a questa caratteristica, il robot può essere utilizzato senza difficoltà per le misurazioni o il prelievo di campioni.

Ciò che i gatti possono fare, SpaceHopper lo fa ancora meglio

Le tre gambe di SpaceHopper combinano stabilità ed efficienza. Complessivamente il robot pesa solo 5 kg. Ogni gamba pesa 1 kg ed è azionata da tre motori: due si trovano all’interno del copro e uno nella coscia. Durante i salti entra in funzione un ingranaggio differenziale sul fianco del robot spaziale: grazie alla combinazione dei motori all’interno del corpo, sull’asteroide Cerere il robot è stato in grado di saltare ad un’altezza di 6 metri. Vi ricorda qualcosa? Esatto, la sua agilità ricorda, non a caso, quella di un gatto: spicca un salto e si gira durante la caduta libera proprio come se dovesse atterrare sulle quattro zampe. Lo SpaceHopper, delle dimensioni di un gatto, ha preso esempio proprio da questo. Sfrutta abilmente il peso e lo squilibrio delle gambe per atterrare sempre in piedi.

Utilizzando la struttura di prova basata sui prodotti item, il robot salta fino a un’altezza di poco inferiore a 70 cm. Anche se questo potrebbe non sembrare particolarmente impressionante, è l’equivalente di 5-6 m su Cerere.

Programmare manualmente il robot per questi movimenti sarebbe stato troppo costoso. Per questo, il comando è stato affidato all’intelligenza artificiale (IA). In un ambiente simulato, l’IA apprende come muovere le gambe del robot nel modo migliore per atterrare dolcemente. Come è possibile simulare sulla Terra le condizioni di Cerere? Qui entra in gioco il sistema dei componenti item. I profilati in alluminio vengono impiegati all’interno di una struttura a T: “Nella parte superiore è presente una fune guidata da rulli su un lato della quale è stato appeso un peso di 4 kg, mentre sull’altro è stato fissato il robot. Grazie al contrappeso, il robot riesce a spiccare salti alti quasi 70 cm”, spiega Elena Krasnova. Senza la struttura di prova basata sui componenti item, nonostante la presenza dei motori il robot sarebbe riuscito unicamente a reggersi in piedi. 70 cm sembrano pochi, ma corrispondono a 5-6 m su Cerere.

La tecnica dei profilati item come solida base per esperimenti di successo

Un’altra struttura di prova consente di simulare la fase di volo del robot spaziale. Qui può ruotare liberamente in tutte e tre le direzioni dello spazio. La struttura “gimbal” trae ispirazione dall’omonima sospensione per telecamere. Nel suo complesso, il sistema può essere immaginato in questo modo: lo SpaceHopper è al centro della struttura composta da tre telai incastrati gli uni negli altri. Tale struttura consente di testare i movimenti verso sinistra o verso destra della gamba del robot necessari affinché questo possa ruotare completamente per l’atterraggio. Questi esperimenti forniscono importanti risultati per il lavoro di ricerca e sviluppo del team. Dal momento che entrambi i telai interni devono essere molto leggeri, sono realizzati in carbonio. Il telaio esterno deve sostenere l’intera struttura e stabilizzare i telai interni.

Spesso dovevamo smontare e rimontare il dispositivo. È stato di grande aiuto poter fissare praticamente un intero telaio con sei viti.

La tecnica dei profilati è risultata essere l’ideale anche per questa sfida: “La semplicità della tecnica di collegamento è meravigliosa. Abbiamo presentato i dispositivi in occasione di numerose fiere ed esposizioni. Per questo abbiamo dovuto smontarli e rimontarli più volte. Il fatto di poter fissare un’intera intelaiatura con sole sei viti è stato di enorme aiuto”, sottolinea Elena Krasnova. Per motivi di spazio, in un secondo momento il team di SpaceHopper si è visto costretto a combinare le due strutture. Grazie alla modularità dei profilati, l’operazione si è svolta in modo rapido e indolore. Un ulteriore vantaggio: “Gli attacchi rapidi hanno permesso di regolare l’altezza o adattare la lunghezza dei profilati in breve tempo. Abbiamo potuto sperimentare tutto”, aggiunge Elena Krasnova. Questo ha permesso di creare i presupposti migliori per i prossimi passi, o meglio salti, di SpaceHopper. Presto il team avrà l’incredibile possibilità di testare il robot spaziale durante tre voli parabolici in assenza di gravità. Siamo lieti di poter contribuire al successo del team e incrociamo le dita per lui!

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